Le vittorie della flotta veneta in Morea e le feste alla SS. Annunziata nell‘agosto 1687

Durante i conflitti di predominio politico, economico e religioso nel mar Mediterraneo orientale si affrontarono in battaglia e praticarono la pirateria le navi dei turchi ottomani e quelle veneziane che, nella guerra di Morea (1684-1689), ottennero una strepitosa vittoria grazie a uno degli ultimi grandi comandanti della città lagunare, Francesco Morosini.
“Nel 1684 conquistò l’isola di Santa Maura; nel 1685 occupò Corone e la Maina; nel 1686, con il suo luogotenente Königsmarck ... prese Navarino, Modone, Argo, Nauplia; nel 1687 tutto il Peloponneso, che i veneziani chiamavano Morea, salvo Malvasia e Mistrà; poi si impadronì di Patrasso e di Lepanto, di Corinto e di Atene” (Wikipedia).
Grande esultanza provocò, con le sue imprese anche in Toscana, nella quale mestamente, nell’agosto 1687, erano ritornati i 300 fanti partiti in aiuto verso la Dalmazia sotto il comando del capitano pistoiese Girolamo Cancellieri, ma richiamati in patria per sospetto di peste.
Essendo pertanto la vittoria inaspettata, maggiore fu l’esultanza, tanto da essere ricordata in due cronache fiorentine.

La prima fu quella di Francesco Mannucci, cerimoniere di corte. Nel Diario si legge: “Vittorie ottenute da’ Veneti in Morea.
Il 17 agosto 1687 in domenica. Per avere in Morea i Veneziani fugato il Seraschiero, per essersi impadroniti col solo accostarsi dell’armata, di Patrasso, di Lepanto, e de’ due Dardanelli della Morea, e ciò fatto nello spazio di soli quattro giorni, il serenissimo gran duca per questa sì felice novella, venuta il dì 12 un martedì, fece il dì 17 scoprire la Santissima Nunziata, e cantare il Te Deum. A uno medesimo inginocchiatoio stettero, in mezzo la serenissima gran duchessa Vittoria, a man dritta il signor cardinale, e alla sinistra il serenissimo gran duca, stando la serenissima principessa Anna Maria Luisa e il serenissimo principe Giovan Gastone dietro alla fin dello strato sopra guanciali.
Arrivò prima il gran duca, che aspettò la serenissima alla porta del chiostro, e seco andò in cappella per la porticella, dando l’acqua benedetta a tutte l’altezze e al signor cardinale. Alla fine sua altezza servì la serenissima fin sulla carrozza, et aspettò sotto le logge che montassero in carrozza ancor le dame.
Si scoperse prima l’Imagine della Santissima Annunziata, e poi si cantò il Te Deum, intonato dal padre generale de’ Servi, et i paggi alzarono le torce.
Questa fu la prima volta che si scoperse la Nunziata, da che si era fatta una cristalliera, che copriva, e difendeva dalla polvere qualla Imagine, e volle sua altezza, che si levasse ancora il cristallo, affin di dar segno più chiaro del gran giubbilo, che aveva per una vittoria sì miracolosa”.

La seconda cronaca fu scritta nelle Ricordanze dai frati della SS. Annunziata:
“A dì 17 agosto domenica [1687]
Ricordo come, essendo giunto avviso che i Veneziani si fossero impadroniti di alcune piazze nella Morea, cioè Lepanto, Patras, e Dardanelli, e d’un altra nella Dalmazia, occupata da’ Turchi, ordinò il serenissimo granduca Cosimo terzo che per rendimento di grazie a Sua Divina Maestà e alla Beatissima Vergine di queste vittorie e progressi felici dell’armi christiane, si scoprisse pubblicamente la Santissima Immagine di Maria Annunziata, e si cantasse un solenne Te Deum laudamus, a più cori di musici; e ciò fu eseguito a hore 22 e mezza del soprascritto giorno, con l’intervento de’ nostri serenissimi principi cardinal Francesco Maria, granduca, granduchessa Vittoria, principessa Anna Maria Luisa e principe Giovan Gastone, e dell’illustrissimo monsignor nunzio monsignor Giuseppe Archinto milanese, il quale stette nella ringhiera dell’organo della santa cappella, e in fine, concorrendovi un popolo numerosissimo, in tal maniera, che di tutti che vi accorsero, non fu capace la chiesa, restandone fuori una gran parte di loro.
Questa funzione si praticò nel modo altra volta descritto in simili occasioni, cioè con molti doppi delle campane, col cantarsi l’inno Ave Maris Stella in canto fermo da’ frati unito presso all’altar maggiore, l’ Angelus Domini, Dominus vobiscum, e oratione Gratiam tuam della Madonna, dette in cappella della Nunziata respettivamente da’ cantori parati con cotta, e dal sacerdote con amitto, camice, stola e piviale bianco, il quale fu il nostro reverendissimo padre generale il p. maestro Giulio Arrighetti fiorentino.
Successivamente fu intonato dal sacerdote il Te Deum, seguitato da’ cori de’ musici sugli organi e ringhiere. Dopo del quale furono dette le preci e orazioni del rituale romano, assegnate pro gratiarum actione. Con che terminò la funzione con pienissima soddisfazione di tutti, godendo della vista della Santa Immagine, e del nobile e ricco adornamento fatto nuovamente dal prefato serenissimo granduca, come in questo a c. 288 s’è registrato.
Ordinò in questa oratione la medesima altezza serenissima, che scoprendosi la SS. Nunziata, dovessero star separati gli huomini dalle donne: che però fu collocato dalla cappella del Colloredo [oggi dei Sette Santi Fondatori] sin all’altra cappella posta a dirimpetto, un tramezzo di asse, alto due braccia e mezzo [un metro e mezzo circa], coperto di arazzi, assegnandosi alle donne il luogo prossimo all’ingresso della chiesa (dove ancora era un recinto di banche per le signore dame) per la porta principale della quale doveano passare; e agli huomini il luogo prossimo all’altar grande, e la porta del chiostro per cui dovevano entrare. Le quali porte e assito di mezzo erano guardate da’ soldati tedeschi della guardia di sua altezza.
Con che dimostrò il serenissimo granduca la sua santa mente, e l’attenzione singolare con cui invigila a rimuovere ogni occasione di male, e a conservare il rispetto che si deve alle chiese; onde egli ne fu da ciascuno sommamente collaudato [= lodato]”.

Paola Ircani Menichini, 12 luglio 2024. Tutti i diritti riservati.




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